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Festa del Circolo Giommaria Angioy 31 Edizione San Francesco a Marchirolo!!

Posted in pronto buongiorno è la sveglia by diretta
Set 08 2016

Programma della Manifestazione 31 edizione San Francesco 

Menu’ tipico Sardo con:

Antipasto

Gnocchetti

Maialino allo spiedo 

Seadas

Mirto e cannonau

 

Venerdì 30 settembre: Esibizione gruppo folkloristico di Tertenia e l’incantevole voce di Giusy Deiana.

 

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Sabato 01 ottobre: concerto in piazza dei “TAZENDA” apre la serata la cantante “Giusy Deiana”

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Domenica 02 ottobre: ore 10.30 Santa Messa in piazza, accompagnata da Giusy Deiana e il gruppo Folkloristico di Tertenia.

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Cene e pranzo solo su prenotazione!!Ricordiamo che sono aperte le prenotazioni per le cene di venerdì e sabato sera ed il pranzo di domenica ai seguenti numeri: 0332 722548. Dopo le 19.30 ai numeri: 347 8727501- 348 2536601- 347 2467647-+393408248886 Vi aspettiamo!

Tagged as: Angioy, Circolo, festa, Giommaria, marchirolo.tazenda, radioglobeone

NASCE IL GRUPPO GESTO, A FAVORE DELLE PERSONE PORTATRICI DI STOMIA – NORD

Posted in pronto buongiorno è la sveglia, pubblicita' by diretta
Set 05 2016

NASCE IL GRUPPO GESTO, A FAVORE DELLE PERSONE PORTATRICI DI STOMIA

 

 

  • Il Gruppo di lavoro è composto da 21 infermieri esperti in stomaterapia provenienti da diverse zone del Nord Italia.
  • Si è costituito con l’obbiettivo di migliorare la qualità di vita dei pazienti stomizzati, più di 33.000 solo nelle regioni del Nord.
  • Lavora nell’ambito di un progetto nazionale per perseguire elevati standard assistenziali e valorizzare il ruolo dello stomaterapista.

 

Milano, 05/09/2016 – In Italia ci sono più di 70.000 persone portatrici di stomia (lo 0,13% della popolazione), delle quali oltre 33.000 solo nelle regioni del Nord Italia. Si tratta, in realtà, di cifre sottostimate, alle quali dobbiamo aggiungere circa 17.000 pazienti nuovi ogni anno, nonché cifre in aumento per l’invecchiamento della popolazione italiana.

Lo stomaterapista è l’infemiere esperto che conosce il percorso diagnostico terapeutico e garantisce la corretta assistenza alla persona candidata al confezionamento della stomia. Prende in carico il paziente e lo accompagna in un percorso sanitario delicato, orientato al ritrovamento dell’equilibrio fisico ed emotivo e al recupero dell’autonomia, per favorire il suo reinserimento nel contesto sociale e lavorativo.

Il gruppo GESTO (Gruppo di Esperti in Stomaterapia) è una iniziativa innovativa che nasce nell’ambito di un progetto nazionale, a seguito di una profonda analisi della situazione della stomaterapia in Italia portata avanti dai suoi membri. Una delle principali finalità emerse da questo processo di studio è la definizione legale del profilo professionale dello stomaterapista e del riconoscimento del suo ruolo.

Un progetto innovativo

Il gruppo è di ambito nazionale ed è diviso in macroaree geografiche. Nelle regioni del Nord Italia, GESTO è composto da 21 infermieri esperti in stomaterapia provenienti da diverse Aziende Sanitarie e Ospedaliere delle regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Liguria.

Il gruppo lavora per sensibilizzare sull’importanza delle conoscenze specialistiche e dell’assistenza specializzata e personalizzata al paziente stomizzato e ai suoi familiari in tutto il territorio, e sviluppare progetti che contribuiscano ad elevare la qualità della vita delle persone portatrici di stomia.

Le attività programmate per i prossimi mesi saranno volte a rafforzare le relazioni con l’amministrazione pubblica e le istituzioni nell’ambito dell’esercizio della professione infermieristica, facilitare la collaborazione con le associazioni di pazienti e sviluppare progetti formativi e divulgativi.

«Il ruolo dell’infermiere esperto si è evoluto nel tempo con la formazione specialistica universitaria ed è necessario un riconoscimento formale delle competenze avanzate» chiarisce Edoardo Giorato, Referente Organizzativo dell’Ambulatorio Stomizzati dell’Azienda Ospedaliera di Padova e Vice Direttore del Master in “Assistenza al paziente stomizzato e incontinente” dell’Università degli Studi di Padova.

Inoltre, studi scientifici mostrano gli impatti positivi prodotti da un’assistenza infermieristica specializzata in stomaterapia sugli indicatori che misurano gli aspetti di qualità di vita.

«Le conoscenze specializzate dello stomaterapista permettono di migliorare l’utilizzo delle risorse, ridurre i tempi di degenza e i costi sanitari. Facciamo consulenza in tutti i reparti e partecipiamo alla gara per prodotti per stomia» –spiega Giovanna Bosio, dell AOU S.G. Battista di Torino.

 

Cos’è una stomia intestinale e urinaria

La stomia intestinale o urinaria è il risultato di un intervento chirurgico mediante il quale si crea un’apertura sulla parete addominale per mettere in comunicazione l’apparato intestinale o quello urinario con l’esterno, un’operazione che rappresenta, in molti casi, l’unico modo per sopravvivere ad una grave patologia o ad un incidente, ma che altera notevolmente la qualità della vita.

Oggigiorno, il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione italiana ed il conseguente aumento dell’incidenza delle malattie croniche degenerative ed invalidanti comporta un naturale aumento di pazienti stomizzati.

 

Gesto

Nelle regioni del Nord Italia, il gruppo GESTO è composto da 21 stomaterapisti. Il gruppo si crea per perseguire elevati standard assistenziali e garantire il miglioramento continuo dei servizi erogati e la qualità della vita delle persone portatrici di stomia, grazie all’operato di personale esperto e specializzato.

 

I membri del gruppo

Infermiere/a   AO/ASL   Provincia
Enzo Federico   Azienda Sanitaria Universitaria di Trieste   Trieste
Michele Barro   ASL TV   Treviso
Alessandra Giacetti   ULSS 12   Venezia
Viviana Tantolo   Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine   Udine
Edoardo Giorato   AO Padova   Padova
Lidia Biondani   Ospedale Policlinico Giambattista Rossi AOU Integrata di Verona   Verona
Lucia Mensi   ASL 3 Genovese   Genova
Ana Sandra Zacarias   IRCSS AO S. Martino IST   Genova
Lorenza Manganini   ASST Fatebenefratelli Sacco   Milano
Patrizia Mamone   Ospedale S. Raffaele   Milano
Cristina Serra   Ospedale E. Bassini ASST Nord Milano   Milano
Viviana Melis   ASST Papa Giovanni XXIII   Bergamo
Michele Camerini   ASST di Pavia, Ospedale Civile di Voghera   Pavia
Enza Picaro   ASST Azienda Sette Laghi   Varese
Raffaella Cavallazzi   Ospedale Unico Plurisede ASL VCO   Verbano Cusio Ossola
Elisabetta Laganà   Ospedale Martini Asl To 1   Torino
Giovanna Bosio   AOU S.G. Battista   Torino
Gianluca Manna   IRCCS Candiolo   Torino
Gianfranco Coppa Boli   Ospedale poliambulatorio ASL TO4 Ivrea   Torino
Maria Russo   AOU S. Luigi   Torino

 

 

Per ulteriori informazioni, Kailani

 Silvia Meiattini

smeiattini@kailani.es

Tel. +39 06 948 014 00

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Tagged as: gesto, radioglobeone, stomia

PRONTI PER IL SUPER DISCO DI RADIOGLOBEONE?

Posted in pronto buongiorno è la sveglia by diretta
Giu 17 2016

Un duo eccezionale Ramona Wess Nando de Luca ci portano in un’atmosfera magica con il brano “La Bohemia”.

Note calde e una voce incantevole a scaldarci il cuore. Buon ascolto amici 🙂
In rotazione ore 8.00 / 10.00 / 12.00 / 14.00 / 16.00 / 18.00 / 20.00/ 22.00 / 24.00.13383701_1024493124286016_461657504_o (2)

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ALEX SILIPO: in arrivo Domenica 3 APRILE 2016

Posted in pronto buongiorno è la sveglia by diretta
Mar 30 2016

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Il grande giorno è ormai alle porte! Il primo aprile (e non è e non sarà uno scherzo!) vedrà la luce in digitale e su supporto fisico “3”, il nuovo album di Alex Silipo. Il cantautore ossolano arriva alla prova del terzo album dopo un inverno ricco di soddisfazioni professionali. Il singolo “Il tempo di un respiro” ha avuto un ottimo riscontro, ma il vero gioiello di questo periodo è stato il brano “Sogno le ali”, con il quale Alex ha davvero spiccato il volo. Prima un tour radio che ha toccato le principali emittenti del nord e centro Italia, poi esibizioni live in locali storici della Capitale, come il noto Crossroards. Il tutto è culminato con il trionfo alla Milano ALEX SILIPO: in arrivo “3” Sanremo della Musica Italiana il 13 febbraio nella Città dei Fiori a pochi passi dal Teatro Ariston e con l’indimenticabile esibizione all’Old Fashion di Milano, tempio della movida e rendez-vous degli appuntamenti più alla moda nelle serate “in” del capoluogo lombardo. E ora… arriva “3”, il nuovo album. Un album ricco di nuovi suoni e che conferma la maturità artista di Alex. Un disco ricco di pathos e che permette all’ascoltatore di viaggiare in un universo parallelo di parole intense e note forti o sussurrate. Uno stile cantautorale moderno, ma allo stesso tempo legato alla tradizione e delle produzioni precedenti di Alex che da 10 anni regala emozioni con la voce e il suo pianoforte. Ecco la tracklist: 1. Ti chiami libertà 2. Luce di Marte 3. Il tempo di un respiro 4. L’amore resta 5. Non preoccuparti amore 6. Il ricordo di te 7. L’amore (non è amore) 8. Non mente mai 9. Fermata 33 10. Semplice 11. Sogno le Ali 12. Qui, Lei 13. Grazie 14. Sogno le Ali feat. Artisti CCTP L’album verrà presentato domenica 3 aprile alle 15 all’Hotel La Palma di Stresa. Sono previsti numerosi ospiti tra cui Laura Bono, vincitrice del Festival di Sanremo 2005 nella sezione Giovani e che da poco ha lanciato il nuovo album “Segreto”, Luca Emme, Em Edrian, Maureen Porcu, Alessio Silipo, Matteo Gattei, Simone Zani, Giox, Davide Forzani e gli artisti del “Canta che ti passa”. Una serata indimenticabile che imprime ancora di più nella memoria il momento d’oro di Alex, ormai una realtà consolidata del panorama cantautorale nazionale.

Buona Santa Pasqua !

Posted in pronto buongiorno è la sveglia by diretta
Mar 25 2016

A tutti voi  alle Vostre Famiglie Albero-di-Pasqua-Rosa-Serafinigiungano i nostri migliori auguri di una Santa Pasqua di gioia pace e serenita

Addio 2015 Benvenuto 2016

Posted in pronto buongiorno è la sveglia by diretta
Dic 30 2015

Non ricordo quanti mi piace ho messo su Fb e neppure quanti commenti giusti o sbagliati su tutte le vostre bacheche…Senza contare le ore che sono stato al telefono con molti di voi,chissà se sono state ben accette o se mi avresti accettato con tanto piacere .
Questa è semplicemente Radioglobeone.it che vi augura di terminare il 2015 bello o brutto che sia stato nel modo più consono ai vostri pensieri e di attraversare il 2016 con tanta salute perchè se c’è lei si può superare qualunque cosa, un posto di lavoro a chi lo cerca, una persona che sappia capirti senza che tu parli, pace tra fratelli e sorelle nelle famiglie ,prosperità economica in tutte le famiglie e non solo nelle case dei politici e dei banchieri, che tutti possano godere del meglio tanto rincorso…
Buon 2016 addio 2015 grazie per avermi dato il niente e il tanto, grazie per avermi dato l’opportunità di viverti!

Buon Anno a tutti di cuore

Radioglobeone.itcapodanno

Nagel -articolo

Posted in pronto buongiorno è la sveglia by diretta
Ott 10 2015

enzo

Esce tradotto in italiano il libro “Mente e Cosmo, Perché la concezione neodarwiniana della natura è quasi certamente falsa” di Thomas Nagel.

I pareri diversi di due chiese: Avvenire Vs. Micro Mega

 

Il libro in realtà non è proprio una novità, lo avevamo recensito su CS in occasione della sua pubblicazione in lingua originale nel settembre 2012, adesso viene pubblicato nella traduzione italiana con i tipi della Raffaello Cortina Editore.

E poiché adesso c’è il serio pericolo che qualcuno dalle nostre parti lo legga, a distanza di quattro giorni sono uscite le recensioni di Micro Mega e di Avvenire.

Per Micro Mega si è spesa una firma di spessore, quella del Prof. Edoardo Boncinelli, che per difendere il darwinismo dall’attacco di un personaggio di indubbia autorevolezza compie l’operazione di legare alla critica al darwinismo una critica a tutte le conquiste scientifiche che, a suo parere, secondo la visione di Nagel risulterebbero del tutto negate e vanificate:

Se una teoria non riesce a spiegare tutto, allora non spiega nulla. Sulla base di tale assunto, l’ultimo libro di Thomas Nagel, uno dei maggiori filosofi viventi, che nel 2008 ha anche ricevuto il prestigioso Premio Balzan per la filosofia, distrugge tutto quello che crediamo di sapere e sulla base del quale abbiamo vissuto questi ultimi quattro secoli: fisica, chimica, biologia, neuroscienze — tutto falso, tutto senza fondamento.

Una volta compiuta l’operazione di presentare il discorso di Nagel come una negazione delle conquiste scientifiche di quattro secoli, Boncinelli attacca dicendo che in cambio della distruzione dell’intera scienza non viene proposto nulla:

Ma almeno contropropone qualcosa? A parte una sorta di rievocazione nostalgica di un’impostazione teleologica del sapere, propria dei popoli primitivi — dobbiamo pensare, sostiene, a un «universo fondamentalmente incline a generare la vita e la mente» — non contropropone niente.

Insomma, il pensiero di Nagel in quanto critico verso il darwinismo sarebbe automaticamente antiscientifico e portatore di un ritorno ad una visione primitiva.

Come dicevamo, quattro giorni dopo alla “chiesa” di Micro Mega fa eco il quotidiano Avvenire della CEI, stavolta la firma è di Andrea Lavazza, capo redattore, che da parte sua sembra aver letto un altro libro:

L’idea di partenza di Nagel è che i grandi progressi compiuti dalle scienze fisiche e biologiche siano stati resi possibili dall’esclusione della mente dal mondo fisico. E ciò ha consentito un approccio quantitativo, in termini matematici e atemporali, alle leggi dell’universo. Ma nella realtà c’è di più e, comunque, serve un’altra forma di comprensione, perché la mente non è una semplice appendice o un accidente dell’evoluzione, ma un aspetto fondamentale della natura.

A differenza di quanto affermato da Boncinelli, Nagel non negherebbe la scienza degli ultimi quattro secoli ma affermerebbe qualcosa di completamente diverso, che le conquiste ci sono state e sono fuori discussione, ma che siano state solo quelle che hanno riguardato gli aspetti quantitativi e matematici (proprio quelli di cui si occupa la scienza sperimentale), ma che oltre ad essi nell’Universo c’è di più:

Lo snodo chiave (e più controverso) è proprio la presenza di una mente capace, in ciascuno di noi, di cogliere un ordine oggettivo: esistono valori che possiamo scoprire; esiste una razionalità che ci fa rifiutare le contraddizioni logiche; esiste una libertà di seguire la verità oggettiva superando le tendenze innate. E tutto questo non può essere spiegato dall’evoluzione darwiniana, che rimanda al relativismo. Se della coscienza va dato conto in termini naturali, tale sviluppo doveva essere “scritto” nell’universo prima della comparsa della vita. E la mente è una conseguenza dell’ordine che governa il mondo. Inevitabile a questo punto introdurre l’ipotesi di un finalismo naturale, per cui le cose nell’universo sono determinate da una predisposizione cosmica alla formazione della vita, della coscienza e del valore, che è inseparabile da esse. Difficile da accettare, ammette lo stesso Nagel, il quale però non vede altra spiegazione, dato che rifiuta esplicitamente il teismo, in quanto un Dio “primo motore” è solo postulato e non a sua volta spiegato.

Due descrizioni molto diverse dello stesso libro vengono dagli organi di stampa di due chiese contrapposte, una difende il materialismo, l’altra lo spirito, qui su CS si era invece posta l’attenzione su altri aspetti:

Nagel conferma quello che già da tempo andiamo dicendo: la critica al darwinismo incontra forti resistenze in quanto è “politicamente scorretta“….

Ma ancora una volta la critica al darwinismo viene da una posizione non religiosa, non c’entra nulla il creazionismo, e così analogamente a quanto dovettero fare J. Fodor e M. P. Palmarini, anche Nagel deve fare la sua professione di ateismo per difendersi da quel tipo di accuse che bloccano in modo pretestuoso il dibattito:

“Il mio scetticismo non è basato su credenze religiose, o nella credenza di qualche alternativa definita. Si tratta solo della credenza che le prove scientifiche disponibili, a dispetto del consenso dell’opinione scientifica, in questa materia non ci porta razionalmente a piegare l’incredulità del senso comune. E questo è particolarmente vero nel caso dell’origine della vita”

Per prima cosa avevamo evidenziato che la critica al darwinismo non viene mossa per motivi religiosi, in secondo luogo mostravamo come le obiezioni da sempre portate avanti da CS fossero le stesse di Nagel:

Il darwinismo non solo è una insoddisfacente spiegazione dell’origine delle specie, ma in quanto “-ismo” è ormai un’ideologia che permea ogni aspetto della realtà e che si propone come esplicativa di tutto, un paradigma fondante della visione del mondo del “politically correct” e che quindi è estremamente difficile mettere in discussione, ma ciononostante la conclusione del libro di Nagel non solo è ottimista, ma nella sua visione del futuro giunge ad essere impietosa:

“Le evidenze sperimentali possono essere interpretate per adattarsi a diverse teorie, ma in questo caso (della teoria neodarwiniana ndr) il costo delle contorsioni concettuali e probabilistiche è proibitivo. Io sarei pronto a scommettere che l’attuale consenso dei benpensanti apparirà ridicolo in una o due generazioni (ovviamente potrebbe essere sostituito da un nuovo consenso anch’esso sbagliato). Il desiderio di credere degli uomini è inesauribile.”

La chiesa di Micro Mega, difende il materialismo, quella di Avvenire punta l’attenzione su mente e finalismo,noi, che non siamo una chiesa, facciamo semplicemente notare che il darwinismo è solo un’insoddisfacente teoria sull’origine delle specie ma che in realtà non spiega nulla e, a costo di “contorsioni concettuali e probabilistiche” dal costo proibitivo, assolve l’unico compito di essere l’ideologia della modernità.

darwinismo (seconda parte )

Posted in pronto buongiorno è la sveglia by diretta
Ott 01 2015

Il 18 luglio è stato pubblicato su Scientific American un articolo dal titolo “15 Answers to Creationist Nonsense“, un pezzo che già dal titolo è fuorviante in quanto gli argomenti trattati non sono obiezioni a favore del creazionismo.

 

Proposizione critica N°2 e relativa risposta di Le Scienze:

La selezione naturale si basa su un ragionamento circolare: i più forti sono quelli che sopravvivono, e quelli che sopravvivono sono considerati più adatti.
“La sopravvivenza del più adatto” è un modo colloquiale per descrivere la selezione naturale, ma una descrizione più tecnica parla di percentuali differenziate di sopravvivenza e riproduzione. Invece di etichettare le specie come più o meno adatte, insomma, si può descrivere in che modo è più probabile lasciare molti figli in determinate circostanze. Mettete su un isola ricca di semi una coppia di fringuelli dal becco piccolo, che impiegano poco tempo ad allevare i pulcini, e una copia di fringuelli dal becco grosso, che li alleva più a lungo. Nel giro di poche generazioni i fringuelli “più veloci” possono controllare più risorse alimentari. Anche se quelli dai becchi grandi schiacciano più facilmente i semi, il vantaggio è annullato dall’allevamento più lento. In uno studio pionieristico sui fringuelli delle isole Galapagos, Peter R. Grant della Princeton University ha osservato questo tipo di cambiamenti nelle popolazioni naturali.

La chiave è che il fitness adattativo può essere definito senza fare riferimento alla sopravvivenza: i becchi grandi sono più adatti a frantumare semi, indipendentemente dal fatto che in determinate circostanze quel tratto abbia un valore di sopravvivenza.

La risposta data all’obiezione che la selezione naturale sia un ragionamento circolare è nella sostituzione della locuzione ‘sopravvivenza del più adatto’ con ‘sopravvivenza di chi lascia più figli’.

A questo si potrebbe obiettare che chi lascia più figli innanzitutto deve essere adatto all’ambiente, tanto da arrivare all’età della riproduzione, e solo poi potrà fare molti figli, e le due cose insieme possono essere definite come le caratteristiche di chi è più adatto a lasciare dei discendenti. Insomma, fare molti figli è un modo per essere ‘adatti’ ad avere discendenti, la spiegazione data non risolve quindi il problema: la selezione naturale, è tautologica o no?

Al riguardo inizialmente Karl Popper (nel 1976) affermava:

…the theory of natural selection is not a testable scientific theory, but a metaphysical research programme; . . . [Popper, 1976, p. 151]

(…la teoria della selezione naturale non è una teoria scientifica testabile, ma un programma di ricerca metafisico…)

Da NCSE

La selezione naturale veniva definita non testabile, ma successivamente, però, cambiò idea:

I have changed my mind about the testability and logical status of the theory of natural selection; and I am glad to have an opportunity to make a recantation. . . . [p. 345]

The theory of natural selection may be so formulated that it is far from tautological. In this case it is not only testable, but it turns out to be not strictly universally true. There seem to be exceptions, as with so many biological theories; and considering the random character of the variations on which natural selection operates, the occurrence of exceptions is not surprising. [p. 346]

(Ho cambiato idea sulla testabilità e sullo stato logico della teoria della selezione naturale; e sono lieto di avere avuto la possibilità di fare una ritrattazione…

La teoria della selezione naturale può essere così formulata che è lontana dall’essere tautologica. In questo caso non solo è testabile, ma viene fuori che che non è neanche universalmente vera. Sembra che esistano eccezioni, così come in molte teorie bioogiche; e considerando i caratteri casuali delle variazioni su cui la selezione opera, il verificarsi di eccezioni non sorprende.)

Da NCSE

In che senso la selezione naturale è stata poi ritenuta non tautologica e testabile? Rifacendoci all’esempio riportato da Le Scienze, la selezione può essere soggetta ad una predizione, in questo caso su quale sarà, fra le due, la specie di fringuello che sopravviverà: a sopravvivere sarà quello che unirà la combinazione migliore tra forma del becco più adatta e velocità di allevamento della prole. E su questo è possibile fare delle previsioni riguardo chi abbia il mix più efficace.

Appurato in che modo la selezione naturale può essere testata, a quali conclusioni porterebbe una tale verifica?

L’efficacia della selezione naturale non implica che essa conduca all’evoluzione. Al riguardo basta ricordare che il concetto di selezione naturale fu proposto per la prima volta da Edward Blyth tra il 1835 e il 1837, ma nella sua concezione si trattava di un’agente stabilizzante che, eliminando i discendenti con modifiche, avrebbe ricondotto la specie alle caratteristiche originali. Questo fenomeno è noto come selezione stabilizzante:

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L’esistenza, e la testabilità del fenomeno della selezione naturale non quindi è in sé una prova che essa sia necessariamente legata all’evoluzione, anzi, per Blyth era legata alla stabilizzazione delle specie esistenti.

La possibilità che la selezione produca evoluzione è legata alle selezioni definite direzionali:

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Come si vede dalla figura, solo con la pressione selettiva su una delle due code si può avere uno spostamento che conduca ad un esito evolutivo. Ma in realtà la figura sopra riportata contiene un errore, infatti la parte della curva che supera i limiti della popolazione iniziale (quella oltre la linea rossa) non dovrebbe essere presente:

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Affinché la parte oltre la linea rossa possa esistere devono essere apparsi dei nuovi caratteri, ma questa comparsa la selezione non la può spiegare. Il caso più conosciuto di selezione direzionale che però non conduce all’evoluzione è quello della farfalla Biston betularia, che però viene erroneamente presentata come caso di evoluzione:

directional selectionCome è possibile vedere nel disegno, la popolazione dopo la selezione naturale viene rappresentata oltre i margini della popolazione iniziale: da dove vengono le farfalle con le nuove caratteristiche?

Anche compiendo il passaggio operato da Popper, arriviamo quindi alla conclusione che la selezione naturale può intervenire solo dopo che nuovi caratteri siano apparsi, cioè affinché la selezione produca evoluzione è necessario che siano comparsi dei nuovi caratteri, in assenza di essi non esiste evoluzione.

In conclusione, la selezione in assenza di nuovi caratteri porta alla stabilizzazione di una specie o alla sua estinzione, in nessun caso all’evoluzione.

La testabilità della selezione non è dunque un argomento a favore della teoria darwiniana più di quanto non lo sia a favore della fissità delle specie.

Siamo di fatto ancora fermi a quanto affermava a fine ottocento lo zoologo Theodor Eimer:

…Theodor Eimer evidenziava il fatto che la selezione naturale non spiega l’origine delle nuove caratteristiche, limitandosi invece a spiegare come esse si affermino; concludeva infine affermando che prima che qualcosa possa essere selezionato deve innanzitutto esistere: «Il principio di utilità di Darwin non spiega l’origine prima delle nuove proprietà. Esso spiega soltanto e anche parzialmente l’accrescersi e l’affermarsi di queste proprietà. Prima che alcunché sia utile, occorre innanzitutto che esista»

Da Inchiesta sul darwinismo, pag. 97

Il nucleo di una teoria dell’evoluzione è l’origine dei nuovi caratteri, non la selezione naturale.

E la contestazione della rilevanza di quest’ultima, non ha nulla a che vedere con il creazionismo.

QUINDICI RISPOSTE AL NON SENSO DARWINISTA

Posted in pronto buongiorno è la sveglia by diretta
Set 15 2015

QUINDICI RISPOSTE AL NON SENSO DARWINISTA

 

Di ENZO PENNETTA

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Il 18 luglio è stato pubblicato su Scientific Americanun articolo dal titolo “15 Answers to Creationist Nonsense“, un pezzo che già dal titolo è fuorviante in quanto gli argomenti trattati nono sono specifiche ed esclusive obiezioni sollevate dall’ambiente creazionista.

Già la denominazione “creazionista” è un termine che genera confusione tra chi è religioso e chi rifiuta la scienza: per creazionista, secondo un’accezione consolidata, qui si intende il secondo caso. Ma non verrà spiegato che di questo si tratta. Fatta questa dovuta precisazione, gli argomenti addotti nell’articolo sono a loro volta presentati in modo da costruire un’immagine volutamente caricaturale di qualsiasi obiezione al darwinismo, portando a credere che si ponga l’equazione obiezione=creazionismo.

L’articolo è stato prontamente tradotto su Le Scienze con il titolo “Quindici risposte al nonsenso creazionista“, fin dalle prime parole l’articolo, riportato su Le Scienze, è fazioso:

Gli oppositori della teoria dell’evoluzione vogliono dare spazio al creazionismo smantellando la vera scienza…

Il meccanismo è chiaro, come già detto viene affermato che il creazionismo smantella la vera scienza, giocando sulla confusione tra il termine “creazione”, a cui fa riferimento un credente, e il termine creazionismo che come abbiamo visto è una presa di posizione antiscientifica. Poi si parla genericamente di oppositori della teoria dell’evoluzione, senza specificare che comunque evoluzione e darwinismo non sono la stessa cosa in quanto la teoria di Darwin è una possibile spiegazione di un fenomeno che è l’evoluzione.  La distinzione tra le due cose si comprende meglio pensando che se così non fosse non avrebbe senso la teoria di Lamarck, sull’evoluzione, formulata ben 50 anni prima di quella di Darwin. L’articolo poi prosegue così:

Quando, 143 anni fa, Charles Darwin introdusse la teoria dell’evoluzione attraverso la selezione naturale, gli scienziati dell’epoca discussero ferocemente su di essa, ma le prove che si andavano accumulando da campi come la paleontologia, la genetica, la zoologia, la biologia molecolare, portarono gradualmente a stabilire la verità dell’evoluzione al di là di ogni ragionevole dubbio. Oggi quella battaglia è stata vinta ovunque, tranne che nell’immaginario collettivo.

Il lettore viene portato a credere che le prove raccolte nel tempo provino il meccanismo darwiniano della selezione naturale e che questa sia il punto più importante della teoria:

1- La selezione naturale non è verificabile a posteriori in quanto tautologicamente quello che troviamo nei fossili è quello che è stato selezionato.

2- Il punto centrale di una qualsiasi teoria dell’evoluzione è l’origine dei nuovi caratteri, cosa che Darwin non chiarì mai scivolando infine verso un lamarckismo rivisitato con l’aggiunta della selezione naturale.

3- Nella Sintesi Moderna (o neodarwinismo) l’origine dei nuovi caratteri è affidata alle mutazioni casuali che non sono soggette a possibile prova contraria di confutazione, e che quindi, in ottica popperiana, non sono un argomento scientifico.

Se quindi la verità dell’evoluzione è accertata sin dai tempi di Lamck e Cuvier (inizio ‘800), quello che ancora resta da provare è che il meccanismo darwiniano sia quello vero.

Ma andiamo avanti ad analizzare il primo di questi 15 punti proposti su SA:

1. L’evoluzione è solo una teoria. Non è un fatto o una legge scientifica.

Molte persone hanno imparato alle elementari che una teoria cade nel bel mezzo di una gerarchia di certezze: è al di sopra sopra di una mera ipotesi, ma al di sotto di una legge. Gli scienziati, però, non usano i termini in questo modo. Secondo la National Academy of Sciences (NAS), una teoria scientifica è “una spiegazione ben motivata di alcuni aspetti del mondo naturale che può incorporare fatti, leggi, inferenze e ipotesi testate”. Per quanto convalidata, nessuna teoria diventa una legge, che è una generalizzazione descrittiva della natura. Così, quando gli scienziati parlano di teoria dell’evoluzione – o di teoria atomica o di teoria della relatività – non stanno esprimendo delle riserve sulla sua verità.

Oltre che di teoria dell’evoluzione, cioè dell’idea di una discendenza modificata, si può anche parlare del fattoevoluzione. La NAS definisce un fatto come “un’osservazione che è stata più volte confermata ed è accettata come ‘vera’ a tutti gli effetti pratici”. I reperti fossili e molte altre prove testimoniano che gli organismi si sono evoluti nel tempo. Anche se nessuno ha osservato queste trasformazioni, la prova indiretta è chiara, univoca e convincente.

Tutte le scienze si basano spesso su prove indirette. I fisici, per esempio, non possono vedere direttamente le particelle subatomiche e ne verificano l’esistenza guardando le tracce rivelatrici che lasciano nelle camere a nebbia. L’assenza di osservazioni dirette non rende le conclusioni dei fisici meno certe.

Partendo dalla definizione riconosciuta come valida del termine “teoria”, data dalla National Academy of Sciences (NAS), una teoria scientifica è “una spiegazione ben motivata di alcuni aspetti del mondo naturale che può incorporare fatti, leggi, inferenze e ipotesi testate”, nel nostro caso l’evoluzione rappresenta un “fatto” (si trovano fossili diversi in strati e quindi epoche diverse), l’ipotesi neodarwiniana per spiegare questo fatto è l’origine di nuovi caratteri e nuove specie per accumulo di mutazioni e selezione delle stesse, ebbene questa ipotesi non è stata testata. I casi riportati in letteratura (vediLenski) sono tutti esempi di una perdita di funzione: nessun nuovo organo, nessuna nuova proteina.

Che la cosa provata sia il “fatto” dell’evoluzione, viene correttamente poi dichiarato nella risposta, ma sempre senza chiarire che il fatto dell’evoluzione non è però la teoria di Darwin.

Così, con un abile gioco di parole, si lascia credere che evoluzione e teoria di Darwin siano la stessa cosa, in tal modo una volta dimostrato che la prima è provata (cosa che noi su CS condividiamo), il lettore è indotto a credere che lo sia anche la seconda, e cioè la teoria di Darwin.

La risposta al punto 1 sull’obiezione “L’evoluzione è solo una teoria. Non è un fatto o una legge scientifica.” è dunque la seguente:

L’evoluzione, intesa come successione di specie differenti nel tempo, è un fatto testimoniato dai ritrovamenti fossili e sul quale concordiamo.

La sua spiegazione fornita dalla teoria neodarwiniana e dalle sue successive rielaborazioni, non ha invece ricevuto una soddisfacente corroborazione scientifica, infatti con le mutazioni casuali si sono osservati solo casi di micro mutazioni, ma peggio ancora, e questo nell’articolo non viene detto, non è possibile ideare alcun esperimento che possa confutare che i nuovi caratteri si siano formati a causa di mutazioni casuali (confutazione popperiana). Se ad esempio vi mostrano una roulette a ruota ferma con la pallina sul numero 1, come potete stabilire che sia finita lì per caso o se invece è stata messa deliberatamente o con una calamita che l’attira in quella posizione?

Per rispondere al primo punto possiamo quindi dire che l’evoluzione darwiniana è una teoria non sufficientemente corroborata e, cosa ancor più rilevante, non confutabile.

Riguardo la teoria neodarwiniana (non l’evoluzione), possiamo giungere alle conclusioni che si tratta quindi di una congettura che non solo non ha avuto una corroborazione adeguata, ma che per la mancanza di un criterio di falsificabilità (ci una prova che potrebbe smentirla) non può neanche essere definita scientifica.

ENZO PENNETTA intervista il Generale FABIO MINI

Posted in pronto buongiorno è la sveglia by diretta
Ago 06 2015

mini

 

Generale di Corpo d’Armata, capo di Stato Mggiore della NATO, capo del Comando Interforze delle Operazioni nei Balcani e comandante della missione in Kosovo.

Fabio Mini è uno dei più grandi conoscitori delle questioni geopolitiche e militari, su CS parla delle crisi attuali ma non solo.

E dice cose molto importanti.

 

  1.  Gen. Mini, nel  suo libro “La guerra spiegata a…” afferma che non esistono guerre limitate,  o meglio  che una potenza che si impegna in una guerra limitata ne prepara in realtà una totale. Nell’attuale situazione di conflittualità diffusa, che sembra seguire una specie di linea di faglia che va dall’Ucraina allo Yemen passando per  Siria e Irak, dobbiamo quindi aspettarci lo scoppio di un conflitto totale?

R1. La categoria delle guerre limitate, trattata  dallo stesso Clausewitz, intendeva comprendere i conflitti dagli scopi limitati e quindi dalla limitazione degli strumenti e delle risorse da impiegare. Doveva essere il minimo per conseguire con la guerra degli scopi politici. E la guerra era una prosecuzione della politica. Erano comunque evidenti i rischi che il conflitto potesse degenerare ed ampliarsi sia in relazione alle reazioni dell’avversario sia in relazione agli appetiti bellici, che vengono sempre mangiando. Con un’accorta gestione delle alleanze e delle neutralità, un conflitto poteva essere limitato nella parte operativa e comunque avere un significato politico più ampio. Oggi la guerra limitata non è più possibile neppure in linea teorica: gli interessi politici ed economici di ogni conflitto, anche il più remoto e insignificante, coinvolgono sia tutte le maggiori potenze sia le tasche e le coscienze di tutti. La guerra è diventata un illecito del diritto internazionale e non è più la prosecuzione della politica, ma la sua negazione, il suo fallimento. Nonostante questo (o forse proprio per questo) lo scopo di una guerra non basta più a giustificarla e chi l’inizia, oltre a dimostrare insipienza politica, si assume la responsabilità di un conflitto del quale non conosce i fini e la fine. Con l’introduzione del controllo globale dei conflitti e della gestione della sicurezza (anche tramite le Nazioni Unite), tutti gli Stati e tutti i governanti sono responsabili dei conflitti. E tutti i conflitti sono globali se non proprio nell’intervento militare, comunque nelle conseguenze economiche, sociali e morali. Quindi, a cominciare dalla guerra fredda che i paesi baltici hanno iniziato contro la Russia, dalla guerra “coperta” degli americani contro la stessa Russia, dai pretesti russi contro l’Ucraina, alla Siria, allo Yemen e agli altri conflitti cosiddetti minori o “a bassa intensità” tutto indica che non dobbiamo aspettare un altro conflitto totale: ci siamo già dentro fino al collo. Quello che succede in Asia con il Pivot strategico sul Pacifico è forse il segno più evidente che la prospettiva di una esplosione simile alla seconda guerra mondiale è più probabile in quel teatro. Non tanto perché si stiano spostando portaerei e missili (cosa che avviene), ma perché la preparazione di una guerra mondiale di quel tipo, anche con l’inevitabile scontro nucleare, è ciò che si sta preparando. Non è detto che avvenga in un tempo immediato, ma più la preparazione sarà lunga più le risorse andranno alle armi e più le menti asiatiche e occidentali si orienteranno in quel senso. E’ una tragedia annunciata, ma, del resto, abbiamo chiamato tale guerra condotta per oltre cinquant’anni “guerra fredda” o “il periodo di pace più lungo della storia moderna”. Dobbiamo quindi essere felici di questa “pace annunciata”. O no?

  1. Un’altra sua interessante considerazione riguarda il fatto che la guerra porti sempre ad una politica diversa da quella che l’ha preceduta e preparata, dobbiamo dunque prepararci ad un mondo diverso da quello che sta generando i conflitti attuali?  E se sì, ha idea della direzione in cui ci stiamo muovendo?

R2. Direi di si, ma non credo che ci si possano fare molte illusioni sui risultati.  Stiamo vivendo un periodo di transizione storica molto importante: il sistema globale voluto dai vincitori della seconda guerra mondiale sta scricchiolando, i blocchi sono scomparsi, molti regimi politici voluti dalle potenze coloniali sono in crisi, l’Africa si sta svegliando un giorno e regredendo il giorno successivo, le istanze economiche hanno il sopravvento su quelle politiche, sociali e militari, le periferie delle grandi potenze e i loro vassalli stanno cercando indifferentemente o maggiore autonomia o una servitù ancora più rigida. I conflitti attuali sono i segnali più evidenti di questo processo che porterà ad una nuova formulazione dei rapporti e degli equilibri internazionali. Tuttavia non è detto che questo passaggio porti al cosiddetto “nuovo ordine mondiale”. Le spinte al cambiamento e alla stabilità  sono ancora flebili e rischiano di cronicizzare i conflitti e le situazioni, altrettanto pericolose, di post-conflitto instabile. Ci sono segnali di forte resistenza al cambiamento in senso multipolare da parte delle nazioni più ricche ed evolute come da parte di quelle più povere. Quelle più ricche si stanno di nuovo orientando verso una politica di potenza affidata soprattutto agli strumenti militari; quelle più povere si stanno orientando verso la rassegnazione alla schiavitù. Il cosiddetto “nuovo ordine” potrebbe essere quello vecchio del modello coloniale e le forze armate si stanno sempre di più orientando verso il sistema degli “eserciti di polizia” (constabulary forces). In molti paesi dell’Africa si parla da tempo di “nostalgia” del periodo coloniale o si accusano le potenze coloniali di averli abbandonati. La potenza e la schiavitù sono complementari. Un filosofo cinese diceva del suo popolo:“ ci sono stati secoli in cui il desiderio di essere schiavo è stato appagato e altri no.”

  1. Venendo alla situazione italiana, se è vero che una comunità che ospiti anche una sola base militare straniera è da considerarsi “sotto occupazione”, la presenza di basi USA sul territorio nazionale ci rende una nazione sotto occupazione o comunque non libera?

R3. I regolamenti dell’Aja del 1907, stabiliscono i criteri dell’occupazione militare non tanto sulla presenza militare in un paese ma nella sua funzione. Se una presenza militare anche minuscola si assume la responsabilità della sicurezza del territorio (non importa di quale estensione) in cui è stanziata, si ha l’occupazione “de facto”. Le basi degli Usa non garantiscono la nostra sicurezza, ma la loro. Non servono i nostri interessi ma i loro e quindi non sono legalmente “occupanti”. Il fatto che si dichiarino basi Nato o facciano riferimento agli accordi di Parigi del 1963 è una foglia di fico che nasconde la realtà: alcune basi italiane sono aperte anche ai paesi Nato nell’ambito degli accordi dell’Alleanza, ma le basi americane più grandi sono precedenti agli accordi Nato e sono state concesse con accordi bilaterali in un periodo in cui l’Italia non aveva alcuna forza di reclamare autonomia; anzi andava cercando qualcuno da servire in America e in Europa. In queste basi decidono gli americani (e non la Nato) a chi consentirne l’uso temporaneo. Si ha così  un doppio paradosso: molti italiani anche di alto lignaggio politico e militare tentano di giustificare le basi con la funzione di sicurezza che svolgono a nostro favore. E avallano la condizione di occupazione militare.  Gli americani sono più espliciti, ma non meno paradossali: ogni anno il Pentagono invia una relazione al Congresso nella quale indica e traduce in termini monetari il contributo dei paesi ospitanti delle basi “agli interessi e alla sicurezza degli Stati Uniti”. Dovrebbe essere un accordo fra pari, ma si avalla la nostra condizione di tributari.

  1. Nel suo libro ha mostrato come la guerra si sia evoluta nel corso dei secoli, adesso siamo giunti a teorizzare una guerra di quinta generazione o guerra senza limiti, una guerra cioè che non deve essere percepita come tale e che coinvolge anche mezzi finanziari. Possiamo dire di essere nel corso di una guerra di questo tipo?

R4. Senza dubbio. Ma anche questa quinta generazione sta trasformandosi nella sesta: la guerra per bande. Non essendoci più soltanto fini di sicurezza e non soltanto attori statuali, siamo nelle mani di “bande” con fini propri e senza alcuno scrupolo se non quello verso la propria prosperità a danno di quella altrui. Le bande si muovono senza limiti di confini e di mezzi, senza rispetto, solo all’insegna del profitto. Tendono ad eludere il diritto internazionale e la legalità, tendono a piegare gli stessi Stati ai loro interessi e a controllarne la politica e le armi. Oggi il problema degli eserciti e degli apparati di polizia non è quello di capire perché lavorano, ma per chi. Se lo Stato, per definizione, deve (o dovrebbe)  pensare al bene pubblico, la banda pensa soltanto al bene privato, non statale e spesso contro lo stato. Quando nel 2004 chiesero ad un colonnello americano che tipo di guerra stesse combattendo in Iraq, quello rispose candidamente: “è una guerra per bande e noi siamo la banda più grossa”. Anche lui aveva capito che non stava lavorando per uno stato o un bene pubblico ma per qualcosa che esulava dal suo stesso “status” di difensore pubblico: era un mercenario, come tanti altri, al servizio di uno che pagava. E per questo si riteneva un “professionista” delle armi. La finanza è l’unico sistema veramente globale ed istantaneo e si avvale di mezzi leciti e illeciti: esattamente come fa ogni moderna banda di criminali. La struttura di comando delle bande ha due modelli di riferimento: il modello paternalistico e verticale e il modello  comiziale e orizzontale. Quest’ultimo sta prevalendo sul primo anche se a certi livelli della gerarchia si ha comunque uno più forte degli altri. Il modello orizzontale è anche quello che meglio riesce a mascherare le guerre intestine e quelle esterne. Ci sono interessi contingenti che spesso portano gli avversari dalla stessa parte.

  1. Dal suo libro emerge anche il concetto di guerra come “strumento d’imposizione”, cioè uno strumento per obbligare una determinata parte a compiere azioni contro la propria volontà, nel recente caso della Grecia in cui la volontà popolare ha dovuto cedere alle richieste di segno opposto dell’Europa, possiamo parlare di un atto di guerra?

R5. Anche in questo caso dobbiamo riferirci alla guerra senza limiti e, purtroppo, a quella per bande. La Grecia ha subito un’imposizione che piegando la volontà del governo e della stessa popolazione è senz’altro un atto di guerra. Ma il vero scandalo della Grecia non è nell’imposizione subita, ma nell’apparente lassismo in cui è stata lasciata proprio dagli organismi internazionali che ne avrebbero dovuto controllare lo stato finanziario. La guerra finanziaria alla Grecia è la guerra per bande quasi perfetta. Solo qualche sprovveduto può pensare veramente che la Grecia abbia alterato i propri bilanci senza che né Unione europea, né Banca Centrale Europea, né Fondo Monetario, né Federal Reserve, né Banca Mondiale, né le prosperose e saccenti agenzie di rating se ne accorgessero. E’ molto più realistico pensare che al momento del passaggio all’Euro gli interessi politici della stessa Europa prevalessero su quelli finanziari e che gli interessi finanziari fossero quelli di far accumulare il massimo dei debiti a tutti i paesi membri più fragili. Abbiamo la memoria molto corta, ma ben prima del 2001 il dibattito sull’euro escludeva che molti paesi della periferia europea e quelli di futuro accesso (Europa settentrionale e orientale) potessero rispettare i parametri imposti. Non è un caso se proprio i paesi della periferia  siano stati prima indotti a indebitarsi e poi a fallire, o ad essere “salvati” dalla padella per essere gettati nella brace. Irlanda, Gran Bretagna, Portogallo, Spagna, Italia e Grecia sono stati gli esempi più evidenti di una manovra che non è stata né condotta né favorita dagli Stati, ma gestita da istituzioni che si dicono superstatali e comunque sono improntate al sistema privatistico degli interessi del cosiddetto “mercato”.

  1. La “narrativa”, la fiction, gli spin doctors, giocano un ruolo fondamentale nella guerra di nuova generazione, può indicarci qualche caso concreto in cui ultimamente ha visto questi elementi in azione?

R6. In ambito militare ogni operazione è aperta, condotta e accompagnata dalla guerra dell’informazione e da quella psicologica. Dal 2000 in poi in Afghanistan e Iraq furono disseminate dall’alto migliaia di manifestini e radioline con le quali la coalizione tentava di dare la propria versione del conflitto. L’aereo C-130 destinato alla guerra d’informazione, chiamato “Commando Solo”, continua a sorvolare paesi come Iran, Iraq, Afghanistan, Yemen e Siria trasmettendo giornali radio e telegiornali dando la propria versione dei fatti. L’efficacia di tali mezzi tecnologici è minata dal dilettantismo. I primi volantini in Afghanistan e Iraq erano incomprensibili sia nella forma sia nella lingua. Le radioline furono acquistate in fretta dopo aver notato che gli afghani erano immuni alle trasmissioni radio visto che non avevano radio. E quando furono disseminate le radio gli americani si accorsero che oltre il 90% degli afghani non capiva la lingua usata. In Kosovo ho dovuto raddrizzare una campagna d’informazione, condotta tramite materiale edito da Kfor, dopo aver constatato che una rivista non veniva distribuita ai kosovari ma nelle caserme. In pratica si faceva guerra psicologica sui nostri stessi soldati. Più professionali, ma meno centrate sugli scopi militari, sono le trasmissioni radio della VOA (Voce dell’America) che parla in molte lingue e perfino dialetti centro asiatici. La Russia è entrata nel mondo della moderna guerra dell’informazione con nuove reti di stampa, internet, radio e televisione. I cinesi hanno interi canali dedicati all’informazione in varie lingue. Il programma Confucio, col quale s’insegna la lingua cinese all’estero, è ormai presente in tutto il mondo. Gli spin doctors del Pentagono avevano già immaginato nel 2011 come gestire la caduta di Bashar Assad in Siria e uno studio cinematografico ne stava realizzando il film. Il progetto è stato accantonato, ma il Pentagono spera che il film possa uscire nel 2016 (a Bashar Assad piacendo). Lo scopo di queste iniziative è difficilissimo perché la narrativa (la versione dei fatti) che si vuole fornire dovrebbe contrastare quella dell’avversario e della gente del luogo. In realtà nella comunicazione il messaggio più accettato è quello che conferma i fatti o le percezioni e non quello che le contrasta. La narrativa dell’avversario pur non avvalendosi di mezzi sofisticati e basandosi sulla trasmissione orale è molto più efficace anche perché racconta quello che si vede o ciò che qualcuno appartenente alla stessa comunità dice di aver visto. In Iraq, Afghanistan e altrove non è stato infrequente il grido di allarme dei vertici delle coalizioni occidentali: “stiamo perdendo la guerra della narrativa”. Fuori dal contesto militare, la stessa crisi greca è un esempio attuale di guerra dell’informazione accomunata alla guerra delle percezioni e alle operazioni d’influenza. In Grecia, come altrove, l’eccesso di debito pubblico e internazionale di uno stato non è di per sé un fattore fondamentale d’instabilità né d’insolvenza. E’ invece importante la credibilità che può ampliare a dismisura il credito. Per questo la guerra alla Grecia si è sviluppata sul piano della guerra psicologica con un’azione  forte di discredito e di delegittimazione di tutto il paese. La delegittimazione che si è vista in maniera palese nel caso greco, non è avvenuta per altri paesi in via di fallimento, come il nostro; anzi, a dispetto dei dati oggettivi (debito, crescita, disoccupazione, investimenti), ci sono paesi che beneficiano di crediti oltre ogni ragionevole misura. Ogni volta che in Italia c’è un’asta di titoli pubblici, i media plaudono al “collocamento” di tutto il pacchetto sottacendo che in realtà si tratta di un aumento di debito. Anche il fatto che il debito di tale tipo sia “interno” viene manipolato e sottovalutato spacciandolo  per  una cosa senza valore. Come se il debito interno (quello nei confronti degli italiani che hanno acquistato titoli pubblici) non dovesse mai essere restituito ( e di fatto, così è), quasi che il rastrellamento costante del risparmio privato da parte dello stato non penalizzasse la disponibilità di denaro destinata agli investimenti produttivi. Oltre alle bande finanziarie internazionali, in Grecia, come in Italia e altrove, ci sono bande privatistiche interne che monopolizzano la finanza e la comunicazione.  In Grecia, come altrove,  queste bande hanno sperato e tuttora sperano in un ribaltone politico che le renda più potenti. E’ già successo, anche in maniera violenta.

  1. Pochi anni fa il fisico Emilio dei Giudice e il giornalista Maurizio Torrealta parlarono di armi nucleari estremamente miniaturizzate, di armi di nuova generazione che sarebbero state già impiegate sui campi di battaglia in Irak e in medio Oriente, e il cui uso sarebbe stato nascosto dietro la radioattività dei proiettili all’uranio impoverito. Crede che esistano elementi per ritenere fondata questa affermazione?

R7 Non mi risultano casi concreti, ma ho sentito le stesse storie in altri casi. Una caratteristica delle guerre moderne è anche la perdita di consapevolezza sulla verità. Di certo c’è che la moderna tecnologia, anche fuori dal campo sperimentale consente questo ed altro. Se tali armi sono state veramente impiegate, si tratta di una violazione del diritto internazionale e dei diritti umani delle vittime. Purtroppo, ogni violazione (anche del buon senso, come nel caso della tortura) è così frequente che non rappresenta più un ostacolo. C’è da sperare che lo abbiano fatto gli americani: almeno tra trent’anni i segreti di stato saranno derubricati e ci diranno la verità. Se le avessero usate i russi o altri paesi, come il nostro, non lo sapremmo mai. Dovremmo aspettare che diventasse un segreto di Pulcinella.

  1. CS è un sito che si occupa molto delle problematiche dell’informazione ed è noto che la prima vittima della guerra è la verità, può dare ai nostri lettori un consiglio per difendersi e cercare di distinguere tra realtà e manipolazione?

R8. Abbiamo due armi formidabili: diffidenza e ironia. La prima serve a neutralizzare il monopolio dell’informazione. Significa cercare continuamente altre fonti e altri riscontri senza bere tutte le scemenze ufficiali. La seconda tende a ridimensionare anche quella che può sembrare la realtà. Perché la verità non è più la vittima del primo colpo di fucile: non esiste più.

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